Contro
ogni Logica
di
Giusy Berni
14
Febbraio 2013 ore 7.00. Los Angeles, appartamento del Vice Procuratore Keena Walker.
Pallida,
con un bicchiere di brandy serrato in una mano. Avvolta in un'aderente vestaglia
di seta grigio perla, che le copriva con sensualità le curve morbide. Il Vice
Procuratore, Keena Walker,
fissava con apparente freddezza, il corpo senza vita al centro del suo
salotto.
La
scientifica era già al lavoro per i rilievi. Un susseguirsi di professionisti
che avevano rivoltato l'appartamento, in cerca d'impronte, fibre e qualunque
prova potesse avvalorare la sua testimonianza.
Non
era stata lei a uccidere il suo ex marito.
Ora,
aspettava che il detective, incaricato del caso, arrivasse per interrogarla.
Conosceva la prassi, sapeva ogni passo che sarebbe seguito da quando si era
alzata e lo aveva trovato riverso sul tappeto. Senza toccare nulla aveva
telefonato al 911, usando un lembo della vestaglia, per non rovinare eventuali
tracce sulla cornetta.
Poi,
si era ritirata in camera da letto, in attesa dell'arrivo degli
agenti.
Continuava
a guardare il cadavere di Edward B. Callen, avvocato
penalista di dubbia fama. L'uomo che aveva sposato in un momento di debolezza,
da cui era divorziata ufficialmente da sei mesi. L'infame che l'aveva usata,
tradita, umiliata e per poco non le aveva rovinato la
carriera.
Morto.
Nel suo salotto. Senza che lei si fosse accorta di nulla. Tutto sembrava puntare
contro di lei. Opportunità e movente.
Lo
scorrere della portafinestra la fece voltare di scatto. Sull'uscio spalancato,
che dava sulla terrazza, apparve il tenente della Omicidi J.S. Kendrick. Come ci era finito era un mistero. Era sicura che
non le fosse passato davanti. Non era un tipo che passava inosservato.
Lo
osservò entrare con la solita arroganza, il padrone del mondo. Odiava quella sua
snervante sicumera. Mai una volta che un accenno d'insicurezza lampeggiasse in
quegli occhi verde smeraldo. Freddi, analitici, osservavano il prossimo fin
dentro l'anima, scavava sino a che ogni più recondito segreto non veniva alla
luce. Guai ad averlo come avversario. Keena ne sapeva
qualcosa, le loro liti erano leggendarie. Eppure, ora che era lì come incaricato
del caso, quel macigno che le si era posato sul cuore alla vista del cadavere di
Edward, era più leggero.
J.S.
Kendrick era un bastardo senza cuore, ma un poliziotto
eccezionale. Lui non cercava un colpevole, ma la verità. Qualunque essa
fosse.
«Walker, a San Valentino le donne di solito ricevono fiori,
cioccolatini, non cadaveri». Esordì, senza aggiungere altro. Poi si rivolse al
medico legale. «Gracie, dolcezza. Quando fai il
tossicologico al nostro trapassato
controlla ogni genere di narcotico. E visto che ci sei, fai un prelievo a Walker per le stesse sostanze». Si passò una mano tra i
folti capelli biondi, che divennero ancora più scompigliati, mentre s'inchinava
accanto al morto e scostava il telo per esaminarlo.
«J.S.
tesoro, non è il caso di fare certe macabre battute». Lo redarguì la patologa
con fare materno. La dottoressa Grace Sullivan, gli
diede uno scappellotto sul collo, notando l'indifferenza con cui aveva reagito
alle sue parole, ricevendo in cambio un sorriso, da colui che considerava come
un figlio.
«Dai
Gracie. Sono sicuro che a Walker non dispiaccia. Vero?». Keena odiava quel sorriso strafottente, l'aria da so tutto io, il fascino da canaglia che
sembrava irretire le donne. Biasimava se stessa per trovarlo attraente, per
bramare di sistemargli quella capigliatura dorata, sempre arruffata, di
nascondere il viso nel suo torace muscoloso, quando era triste o spaventata.
Come adesso, in cui il terrore di essere incolpata per un crimine che non aveva
commesso le stava torcendo le budella.
Detestava
quell'uomo, perché lo desiderava come mai aveva voluto suo marito.
«Dipende
di cosa non devo dispiacermi». Non seppe trattenersi Keena.
Era
normale comportarsi in quel modo davanti alla morte, serviva a esorcizzarla, a
rimanere concentrati e freddi. Farsi prendere dai sentimenti in quei frangenti,
anche se di pietà, portava a commettere errori che potevano costare cari: come
l'assoluzione di un assassino o la condanna di un innocente. Però quando si era
la vittima della situazione, era diverso. Ora si rendeva conto che a volte si
agiva senza alcuna sensibilità. In futuro si sarebbe comportata
diversamente.
J.S.
la fissò con ironico stupore, cercava ogni sistema per metterla in ridicolo o in
difficoltà, anche in un'occasione drammatica come quella. L'astio che covavano
l'uno verso l'altra era ormai una leggenda nel dipartimento di Polizia e nella
Procura. Poteva sembrare meschino ma, riuscire a incrinare quella facciata
impenetrabile, era diventata un'ossessione.
Quella
donna era fredda come il ghiaccio. Raffinata anche con i lunghi capelli
scomposti, neri come una notte senza stelle; senza trucco a rendere più profondi
e misteriosi quei glaciali occhi d'argento. In poche parole,
bellissima.
Sin
da quando era entrata nella sua visuale, era stato come se un vulcano gli fosse
esploso nelle vene. Il sangue pulsava e bruciava, si concentrava nel suo cazzo
che non voleva saperne di stare calmo. Entrava in modalità erezione e il dolore
lancinante lo accompagnava finché non spariva dalla sua vista. Era costretto a
portare delle giacche che coprivano l'inguine per evitare che si notasse quella
condizione umiliante.
Diventava
aggressivo, e non riusciva a non trattarla con durezza. Come in quel momento.
Era già duro al solo vederla con quella nuvola di seta che accarezzava le curve
sinuose. Era un tormento.
Ma
ciò che lo faceva incazzare era sapere che qualcuno le era entrato in casa, per
incastrarla. Keena era stata in balia di un assassino,
sola, indifesa e inconsapevole.
Un
trambusto fuori dalla porta gli fece distogliere lo sguardo dalla
donna.
«Sergente
Mallory, cosa succede lì fuori?». J.S. non finì di
parlare che Jonathan Burton irruppe nella sala. Lo vide fermarsi pallido davanti
al cadavere dell'amico e socio.
«Keena. Non dire nulla. Da adesso mi occupo di tutto io».
Esordì con tono tronfio che una volta gli aveva fatto guadagnare un pugno nello
stomaco. L'avvocato era ancora furioso per non essere riuscito a trovare nessuno
disposto a testimoniare contro J.S.
«Jonathan
cosa ci fai qui?». Per nulla impressionata dalla performance da cavaliere che
accorre in salvataggio della damigella in pericolo.
«Perché
non mi hai chiamato subito? Sei un avvocato dovresti sapere a cosa puoi andare
incontro». Burton non si lasciò impressionare dalla glaciale
accoglienza.
«Sono
un Vice Procuratore. Il mio primo dovere è verso la vittima, chiunque essa sia.
Trovare il colpevole è imperativo e tocca alla polizia indagare». Keena non era intenzionata a permettere che all'uomo di
prendere il comando di quella situazione. Non si fidava di lui esattamente come
non si era fidata dell'ex marito.
«Polizia!
Keena, sei impazzita? Ti rendi conto che il Tenente
Kendrick ha richiesto espressamente di occuparsi di
questo caso. Non ti domandi il perché? Finalmente potrà vederti nella polvere.
Rovinare la tua carriera e farti finire dietro le sbarre». Le parole colme di
disprezzo fecero infuriare J.S. che strinse i pugni per resistere alla
tentazione di spaccargli la faccia questa volta.
Il
bastardo l'avrebbe pagata cara per l'insulto.
Prima
che potesse dire una parola, Keena Walker si avvicinò all'avvocato e lo schiaffeggiò senza
esitazione, nella sala calò un silenzio esterrefatto. Nessuno dei presenti osò
fare una battuta tutti gli occhi erano incollati in quella scena sospesa nel
tempo, conoscevano il temperamento irascibile del Vice Procuratore, guai a
finirle tra i piedi. Era uno schiacciasassi.
«Ora
vattene. Non ho chiamato un avvocato. E se dovessi averne bisogno non saresti di
certo tu. Hai appena insultato un poliziotto, un uomo che potrà anche avere un
carattere insopportabile, ma sono contenta che sia lui a occuparsi di questo
caso, avrò la sicurezza di non finire in prigione. Il Tenente prende sempre il
colpevole e non accusa mai un innocente. Ora, se non ti dispiace qui abbiamo da
fare. Gracie, non dovevi farmi un prelievo per un
tossicologico?». Solo quando si rivolse alla patologa il tono divenne caldo e
gentile. Keena vide la dottoressa sorriderle
compiaciuta per poi prenderla sottobraccio e insieme si diressero in camera da
letto.
J.S.
notò che l'avvocato la seguiva con uno sguardo colmo d'odio, quando la porta fu
chiusa si diresse con furia verso l'ingresso senza dire una parola. Umiliato.
Era rimasto senza parole. Keena si era schierata dalla
sua parte. L'opinione che aveva di lui non era così negativa come credeva.
La
fiducia che lui non l'avrebbe lasciata condannare, era intenzionato a non
tradire quella incredibile fede nelle sue capacità investigative. Ora doveva
trovare le prove che la teoria che gli ronzava in testa da quando aveva
visionato la terrazza fosse valida.
14
Febbraio 2013 ore 15.45. Los Angeles, Centrale di Polizia.
J.S.
controllò ancora una volta tutte le informazioni contenute nel dossier. Il caso
di Edward B. Callen era veramente intricato. Riuscire
a scovare la prova che metteva sulla scena del crimine una terza persona, era
più complesso di quanto avesse creduto.
L'autopsia
non era ancora terminata. Gracie si stava prendendo
molto tempo. La patologa era affezionata alla Walker e
non voleva tralasciare nessun dettaglio che potesse scagionarla. Dal laboratorio
stessa storia, i tossicologici del morto e di Keena
ancora non erano ancora arrivati.
Gettò
con stizza l'incartamento sul tavolo. Si prese la testa fra le mani e si
scompigliò i capelli, frustrato per non poter far nulla se non
attendere.
«Se
continui in quel modo rischi di diventare calvo molto presto». La voce fumosa di
Keena penetrò in quella nebbia di scoraggiamento che
lo circondava. Un'erezione dolorosa lo fece tornare alla realtà e da dietro la
sua scrivania la fissò con astio.
Era
destabilizzante.
«Cosa
ci fai qui? Non ti ho convocata per la deposizione». L'aggredì per scaricare la
tensione sessuale che lo stava facendo soffrire.
«Tu
no. Ma il Capitano Finley, si». La risposta lo lasciò
basito. Come si permettevano d'intromettersi nella sua indagine. La rabbia gli
fece dilatare le narici. Keena osservò affascinata
quel viso contrarsi dalla collera. Per una volta non era lei a doverne subire le
conseguenze. Era divertente vederlo così infuriato.
«Ti
ha anche spiegato il motivo per cui sei stata invitata a presentarti in
centrale?». Il tono calmo era sinonimo che la pentola stava per esplodere,
vedeva quasi il fumo uscirgli dalle orecchie.
«Abbassa
le penne, galletto. Il Capitano vuole assicurarsi che tu non utilizzi questo
caso per crearmi problemi. E' preoccupato per me». Lo punzecchiò senza
ritegno.
Si
fissarono in cagnesco. J.S. non sapeva se scuoterla oppure caricarsela su una
spalla, portala in una stanza vuota e scoparla fino a farle scomparire quel
sorrisino strafottente dal viso.
Keena
per un attimo dimenticò l'omicidio e tutti i casini in cui si trovava. Per
alcuni istanti poter irridere il poliziotto, farlo arrabbiare, le fece sembrare
che tutto fosse nella norma.
«Sei
arrivata Keena. Bene, ci sei anche tu J.S.!
Aggiornatemi per favore. Voglio la certezza che questo caso sarà seguito al
meglio. Senza che nessuno possa additare il dipartimento di comportamenti
scorretti». Quell'insulto velato era duro da incassare. Possibile che tutti
credessero che lui fosse così meschino da farle del male?
«Capitano.
Credo che non debba mettere in dubbio l'integrità del tenente Kendrick. Possiamo avere delle divergenze, anche delle
discussioni animate, ma restiamo dei professionisti seri, che perseguono solo la
verità». Ancora una volta era intervenuta in sua difesa. Di nuovo si ritrovava a
osservare con meraviglia Keena esternare il rispetto
che aveva per il suo modo di lavorare.
«Dai
rilievi non si è ricavato nulla. Le uniche impronte erano quelle della Walker, nessuna serratura forzata. E' stato usato un
coltello preso dalla cucina. Sull'arma c'erano le impronte del Vice Procuratore.
Per ora, ogni prova porta a lei. Mi dispiace». Il rapporto venne enunciato con
voce piatta ma Keena comprese che dietro quelle parole
c'era una frustrazione profonda. Kendrick era
preoccupato di non riuscire a scagionarla. Chi l'aveva incastrata si era dato
molto da fare, e anche bene. Significava che conosceva le
procedure.
«Teorie?».
Non riuscì a non chiedergli un parere. Anelava sapere cosa passava per quella
mente brillante che era riuscita più di una volta a smantellare crimini
all'apparenza perfetti.
«Dalla
terrazza si accede alla scala antincendio. Chiunque poteva arrivare sin lì,
trasportando Callen sedato. Si sicuro il nostro uomo è
di corporatura robusta e anche allenato alla fatica. Lo ha depositato sul
tappeto del salotto, dopo di con una bomboletta spray ha narcotizzato Walker. Il resto è stato semplice, ha preso un coltello dal
ceppo in cucina, pugnalato la vittima inoffensiva e poi andarsene da dove è
venuto. Ho trovato tracce di un passaggio, e la portafinestra si riesce ad
aprire senza lasciare tracce, basta una carta di credito. Purtroppo non sono
riuscito a determinare la dinamica temporale. Qualcosa che ponesse una terza
persona sulla scala proprio questa notte». In sintesi espose la sua
teoria.
«Per
questo il prelievo e il tossicologico. Il pensiero che qualcuno possa essere
arrivato sino al mio appartamento, trenta piani con un peso di ottanta chili
sulle spalle, mi lascia senza fiato. Non odiava solo Edward, ma è anche
determinato a rovinarmi. Perché?». La voce sommessa con cui pronunciò quella
parola fece uno strano effetto a J.S., non gli piaceva che Keena si sentisse indifesa e ferita da quella situazione. Un
impulso atavico lo spingeva a proteggerla, a difenderla da chiunque volesse
farle del male.
«Torna
in albergo Walker. Finché non arrivano i risultati
degli esami autoptici, possiamo solo aspettare. Appena ho notizie ti telefono.
Te lo prometto». Keena lo guardò con attenzione e non
trovò nessun sarcasmo, nessuna ironia in quello sguardo. Per la prima volta vide
quegli occhi velati di preoccupazione. Per lei.
Con un cenno
capo salutò i due uomini e s'incamminò verso l'uscita. Sentiva che
continuava a guardarla, percepiva sulla pelle quel tocco invisibile. Qualcosa
era cambiato tra di loro. Cosa, lo avrebbero scoperto in futuro. C'erano molte
cose su cui riflettere, tra cui cosa fare del suo appartamento quando sarebbero
finite le indagini. Il solo pensiero di rimettere piede in quello che fino al
giorno prima era stato il suo rifugio, ora le faceva accapponare la
pelle.
14
Febbraio 2013, ore 22.15. Los Angeles, Hotel Kawada.
Era
un idiota. Si trovava di davanti alla stanza di Keena
Walker. Era arrivato all'hotel a piedi. Perso in mille
pensieri, tra cui spiegare a se stesso perché invece di telefonarle si era
presentato lì.
Le
mani in tasca, continuava a fissare la porta come se fosse un nemico da
abbattere. Si sentiva insicuro. Non gli era mai capitato di dover affrontare una
donna che scatenava in lui una miriade di sentimenti e di emozioni, che
controllava sempre con molta difficoltà.
Keena
Walker non era come tutte le altre. Lei era l'unica
che gli avesse fatto provare il desiderio di stabilità, di una casa, una
famiglia. Solo il suo stupido orgoglio gli aveva impedito di chiederle un
appuntamento, di corteggiarla. La paura di essere respinto da quella femmina
bellissima e dalla lingua affilata.
J.S.
fece un sospiro e bussò deciso.
Lei
apparve sull'uscio quasi per magia. Indossava solo una t-shirt lunga sino a metà
coscia. Nera con stampato un gattino addormentato sul davanti. Uno sguardo
interrogativo le aleggiava negli occhi d'argento che lo fissavano sempre come se
volessero cavargli l'anima.
«J.S.».
Sentir pronunciare il suo nome dalle labbra sensuali scatenò un'eruzione dentro
di lui.
L'afferrò
per le spalle, la spinse nella stanza e con un calcio chiuse l'uscio. La fissò
con determinazione, con tutto il desiderio accumulato da quando la conosceva.
Era in piena erezione e non aveva tempo per i preliminari.
Era
stanco di aspettare.
La
strinse a sé, sentì i seni schiacciarsi contro il torace. Non portava il
reggiseno. Registrò l'informazione mentre prendeva possesso di quella bocca che
aveva arroventato i suoi sogni.
Keena
era sopraffatta. Sentiva i muscoli potenti stringerla in una morsa ferrea ma
delicata. Non aveva scampo dalle labbra voraci che la divoravano. Si ritrovò
sdraiata sul tappeto, schiacciata dal peso di quel corpo virile che sembrava
volerla assorbire. Una brezza leggera le accarezzò la pelle nuda, facendole
comprendere che la maglietta era stata sfilata. Non connetteva più, Keena era completamente persa in una dimensione colma di
desiderio e di violente sensazioni tattili. Una stretta dolorosa le contrasse la
vagina, che anelava a essere riempita.
J.S.
non riusciva a smettere di toccarla. Voleva assaggiarla tutta, imprimerle un
marchio che l'avrebbe resa solo sua. Mentre le succhiava avido un capezzolo, la
sentì gemere di piacere. Ebbro della vittoria le strappò il ridicolo pezzo di
seta che copriva a stento la vulva.
Era
bagnata.
Non
poteva più aspettare. Si sbottonò i jeans e senza neanche toglierli, entrò in lei, un affondo che lo portò dritto
in paradiso. Lei gridò. Ma, ormai era talmente stordito, perso nella smania di
possederla che non riuscì a fermarsi, a chiederle se le avesse fatto
male.
«Più
forte». Un sospiro rovente nell'orecchio lo fece eccitare ancora di più. Le
afferrò le natiche mentre le cosce di seta si serrarono attorno ai fianchi per
tenerlo stretto a sé. Bocca contro bocca, i respiri mischiati, le lingue
impegnate in un duello senza vinti e
vincitori. Il pene rigido che spingeva dentro di lei sempre più veloce,
più forte, senza gentilezza, troppo voglioso per controllarsi. Voleva penetrarla
al punto da fondersi con lei.
Keena
stava impazzendo, era al limite. Nel momento in cui l'orgasmo la investì con una
violenza senza eguali lo addentò su una spalla.
Il
grido che J.S. emise non era di dolore, ma di liberazione. I muscoli interni
della donna si contrassero e strinsero l'uccello, il morso gli diede una scarica
di piacere lungo la spina dorsale che lo portò ad affondare con più ardore e a
raggiungere l'acme con un impeto che mai aveva provato.
Crollò
su di lei, scosso ancora dai brividi di piacere. Continuava a baciarla, non
riusciva a decidersi a staccarsi. Il pene era ancora semi rigido dentro la
vagina calda, bagnata.
«Ancora».
Rimase senza fiato. L'erezione riprese vigore. Questa volta Keena era intenzionata a prendere il controllo, riuscì a
metterlo supino, e finalmente a fare quello che aveva sognato tante volte.
Cominciò a cavalcarlo.
J.S.
non riusciva a respirare per l'emozione. La fece piegare verso di sé e mentre
lei si muoveva con vigore e sensualità su di lui facendolo impazzire, cominciò a
succhiarle i capezzoli, serrandole le natiche e adeguandosi a quel ritmo
appassionato.
L'orgasmo
li travolse lasciandoli senza fiato. Keena si accasciò
su di lui, esausta e sazia mentre L'uomo le accarezzava la schiena con
tenerezza, si addormentò.
15
Febbraio 2013, ore 8.45. Los Angeles, Hotel Kawada.
La
luce del sole filtrava dalle pieghe della tenda. Keena
sbatté le palpebre per un attimo confusa da quell'ambiente estraneo. Poi
spalancò gli occhi quando si rese conto che J.S. accanto a lei, la stava
fissando malizioso. Nella sua camera d'albergo.
I
ricordi della notte appena trascorsa le si riversarono addosso, ma prima che
potesse proferire parola, lui la stava
già baciando. In pochi secondi era già dentro di lei, rigido, eccitato, e
affondava nella sua vagina bagnata. In un attimo raggiunse l'orgasmo e lui la
seguì immediatamente.
«Buongiorno
amore». La salutò dandole un bacio con lo schiocco sulla
bocca.
Amore.
«Come
ci siamo finiti a questo punto?». Il cervello ancora in pappa riuscì a mettere
insieme quella domanda con uno sforzo incredibile di
volontà.
J.S.
la fissò divertito. Si rendeva conto della confusione della donna. Dei mille
interrogativi che si stavano affollando in quella mente
brillante.
«Ero
venuto a comunicarti ufficialmente che ogni sospetto nei tuoi confronti è
caduto. La mia teoria era esatta. Sei stata sedata dall'assassino. Che ha ucciso
Callen in casa tua». Non riuscì a nascondere la rabbia
al pensiero di quello che sarebbe potuto accaderle sola in quell'appartamento,
in balia di un folle.
Keena
tirò un sospiro di sollievo a quelle parole.
«E
il resto? Era la tua ricompensa?». L'accusa era palese.
«No
amore. Ho deciso di seguire il consiglio di Gracie.
Parlare meno e agire di più. Ogni volta che cerchiamo di comunicare verbalmente,
litighiamo». Sorrideva soddisfatto, sembrava un grosso leone che si fosse appena
ingozzato con una gazzella.
Amore.
Era
la seconda volta che la chiamava così. Non dolcezza, tesoro o zuccherino. Non lo
aveva mai sentito pronunciare quel termine verso nessuna donna.
Mai.
Qualcosa
era cambiato tra loro. Qualcosa che la stava sommergendo e
spaventando.
«Keena. Fai i bagagli, non puoi restare in albergo. Assodato
che qualcuno ha ucciso il tuo ex in casa tua, e che ha cercato d'incastrarti,
significa che sei un bersaglio. Pertanto, mi occuperò personalmente della tua
protezione. Da oggi verrai a vivere a casa mia. E prima che comincino le
obiezioni sappi che nessuna donna, a parte mia nonna e mia madre, vi ha mai
vissuto o messo piede. In quel letto ci dormono solo le donne Kendrick. Sono stato chiaro?». Con quell'affermazione si
alzò dal letto, e nudo si diresse verso il bagno fischiettando allegro, senza
attendere una replica.
Keena
era rimasta comunque senza parole. Le aveva appena detto che si sarebbero
sposati?
SEI SEMPRE LA MIGLIORE UNNIE!
RispondiEliminami è molto piaciuto,complimenti
RispondiEliminaNon sono contemplate altre reazioni oltre alle tre disponibili? Mi sembra che il giudizio sia un tantino forzato..
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaPeccato sia solo un racconto! Brava Giusy!^_^
RispondiEliminaAndreina
Personaggi ben delineati, forti e carismatici, con una trama avvincente, che ti fa desiderare un seguito. Ottimo
RispondiEliminaFrancy M.
Davvero interessante! :)
RispondiEliminaBrava!
Bello! Lo sai che vogliamo il seguito?
RispondiEliminaLidia
Bello, avvincente...un pò di attenzione in più alla punteggiatura. E magari la seconda parte, per capire chi è l'assassino e perchè ha agito
RispondiEliminaVeramente bellissimo, complimenti! Appassionante, sensuale, ironico. Tutto concorre alla piena riuscita del racconto: trama, personaggi splendidamente caratterizzati e stile di scrittura. L'unico appunto: nn c'è modo di sapere chi e perché ha ucciso? Avrei una mezza idea, ma vorrei sapere se mi sbaglio o meno. :-)
RispondiElimina